Il prossimo weekend si vota. Le Politiche 2013 sono sicuramente le prime che vedono un ruolo così centrale della rete e, in particolare, dei social media.
Per tre settimane ne abbiamo parlato con tre professionisti della comunicazione politica:
- Dino Amenduni: responsabile nuovi media e consulente di comunicazione politica dell’agenzia Proforma, cura la comunicazione politica di Nichi Vendola
- Roberto Rao: deputato UDC, portavoce da sempre di Pier Ferdinando Casini
Luigi Crespi: vent’anni da sondaggista politico, oggi consulente per l’agenzia Spin-Network, segue tra gli altri il sindaco di Roma Gianni Alemanno.
LA PROGRESSIVA PERSONALIZZAZIONE DELLA POLITICA
Anche in Italia siamo infatti di fronte ad una progressiva personalizzazione della politica, con il costante rafforzamento del ruolo del candidato rispetto a quello del partito. Esperienze come quella di Obama dimostrano come vita personale e politica finiscano per coincidere: l’elettore deve credere in te come politico, ma soprattutto come uomo. E’ pertanto fondamentale sfruttare i social per passare da una politica fredda ad una che sappia raccontare di sé e del proprio programma con un linguaggio semplice, sintetico, informale, empatico.
Sui social il cittadino si aspetta un effettivo accorciamento delle distanze con i candidati, non si può pertanto prescindere dal rispondere con costanza, concretezza e immediatezza. E tutto questo avviene in pubblico, con il rischio che un errore possa essere strumentalizzato da un concorrente, dai mass media o dai cittadini sui social.
TERZA PARTE: I CANDIDATI POLITICI SUI SOCIAL NETWORK
La stampa considera sempre di più i social, Twitter in primis, come canale ufficiale. Per questo, forse, la maggior parte dei politici li usa come strumenti broadcast alternativi al comunicato stampa. Quale politico ritiene li usi al meglio e perché?
Amenduni:
“I politici più bravi sui social media sono quelli che aggiornano in prima persona i loro profili, senza delegare troppo agli staff (che comunque sono preziosissimi in fase di progettazione, analisi, suggerimento, monitoraggio). I politici che delegano troppo ai loro collaboratori non colgono pienamente lo spirito del mezzo che, per sua natura, è composto dai pensieri personali di chi aggiorna i propri profili. Tra i migliori, Renzi, Zingaretti, Crosetto sono i primi tre nomi che mi vengono in mente.”
Rao:
“Naturalmente parlo della comunicazione di Casini: su Twitter è chiara, semplifica il pensiero, sta sempre nei 140 caratteri ed usa correttamente gli #hashtag. Ed è anche fonte di notizie: ricordo che proprio con un tweet (che ha avuto 466 RT) Casini pubblicò la famosa “Foto di Palazzo Chigi”, con lui, Monti, Alfano e Bersani, che fu ripresa l’indomani da tutti i quotidiani a dimostrazione che la strana maggioranza ABC reggeva. Tra i concorrenti mi è piaciuto molto Renzi per l’uso della Rete e dei social durante le primarie del Pd.”
Tra i nomi di primo piano della politica in pochi usano attivamente i propri account, ma si affidano quasi esclusivamente allo staff. Quali sono le principali barriere all’utilizzo personale?
Amenduni:
“Le principali barriere sono: l’assenza di tempo che il politico riesce a dedicare (o ritiene di voler dedicare) agli aggiornamenti in prima persona, soprattutto in campagna elettorale; la preoccupazione degli effetti negativi dei propri aggiornamenti (e della gestione degli stessi) sia in Rete sia a un livello più esteso (reazione dell’opinione pubblica o della stampa); la grande difficoltà a delegare questa parte di comunicazione personale a collaboratori, anche fidati. Spesso buone idee non diventano realtà perché manca “l’ultima parola” del politico, che spesso non arriva in tempo per poter aggiornare i profili sui social media nei momenti giusti.”
Rao:
“Casini è un esperimento riuscito. Il nostro “staff” è composto da collaboratori e da un gruppo di giovani volontari in gamba che ci aiutano a promuovere la nostra comunicazione: si confrontano con noi, ci offrono spunti e opinioni, ci evidenziano le priorità da affrontare, ci segnalano gli errori di forma e di sostanza. Da questo lavoro di gruppo vengono fuori ottimi risultati. Poi però bisogna essere in rete in prima persona. La gestione esterna è un rischio e suona falsa come la moneta quando cade per terra.”
“Penso che sia finita la stagione degli spin doctor “sciamani”, esperti di campagne elettorali che portano la loro esperienza e il loro fiuto e lo mettono al servizio del candidato. Oggi i consulenti di comunicazione politica hanno una tale quantità e qualità di dati disponibili gratuitamente da rendere persino assurdo non utilizzarli per prendere decisioni scientifiche e figlie di ragionamenti razionali. Per cui lo spin doctor, a mio avviso, assomiglia sempre più a un ricercatore che più che scrivere deve leggere, che più che parlare deve ascoltare.”
“É stata una vera e propria rivoluzione: la diffusione dei social network ha determinato una vera liberalizzazione delle notizie, niente più esclusive o vestali custodi dell’informazione. Fino a non molti anni fa uffici stampa o portavoce informavano i loro assistiti delle ultime notizie battute dalle agenzie di stampa ed erano i mediatori esclusivi del pensiero dei politici. Oggi, grazie agli smartphone e alle notizie che viaggiano via sms o per mail spesso capita che il rapporto si inverte, mentre tutti i politici che sono presenti sui social network possono scegliere di avere un contatto immediato e diretto con gli elettori, che supera non solo la mediazione degli staff, ma spesso anche quella degli stessi giornalisti, che sono follower come gli altri.”Crespi:
“Molto e con molta fatica. Studiando, ascoltando e circondandosi di gente interessante e mai noiosa.”
Grazie a smartphone e tablet è sempre più semplice per i candidati inviare aggiornamenti in mobilità. Non sempre c’è il tempo o la disponibilità a confrontarsi con il proprio staff. Qual è il post su Facebook o il tweet inviato senza il suo consenso, che le ha creato più grattacapi? Che contromosse ha attuato?
Amenduni:
“Per fortuna non mi sono mai capitati errori gravi dei candidati da risolvere, è accaduto più spesso il contrario, cioè è capitato che io non abbia fatto il meglio che io potessi fare in determinate situazioni. Non esiste una regola universale per uscire dalle crisi comunicative, esistono cose che certamente non si devono fare: cancellare i commenti (se l’errore è rimasto visibile per troppo tempo), far finta di niente, reagire in modo istintivo e nervoso. Tutti questi comportamenti sono la base per scatenare il cosiddetto effetto “boomerang”, cioè un ulteriore allargamento di una crisi comunicativa (e un’esondazione della crisi fuori dai social media: a quel punto, se l’errore diventa notizia per i mezzi tradizionali o per giornali e blog, è molto difficile recuperare la situazione).”
Rao:
“Sorrido quando penso ad una email riservata di Casini partita come tweet. Non dico qual è ma, non avendo nulla da nascondere, l’abbiamo spiegata, promossa e cavalcata. Comunicare in emergenza è anche questo…”
Crespi:
“Neanche sotto tortura confesserei una debolezza di un mio cliente di oggi o di ieri. E chi lo fa facendo il mio lavoro, mente.”
Leggi la prima e la seconda puntata del ciclo di interviste dedicato a questo tema: Internet come strumento di democrazia partecipativa e Social media e politica. Dicci cosa ne pensi di comunicazione e politica 2.0 nei commenti o su Facebook, LinkedIn e Twitter. Ti aspettiamo!